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domenica 28 aprile 2013

Italia, polveriera del sociale?


Può una situazione familiare difficile, la "perdita" di affetti importanti o la perdita di un lavoro far scattare istinti omicidi?
Si può, dopo quanto è accaduto oggi davanti a Palazzo Chigi, parlare frettolosamente e superficialmente di disturbi psichiatrici ?
Non sarebbe forse il caso di andare oltre il singolo episodio e fare una lettura panoramica più approfondita di fenomeni sempre più diffusi di auto ed eteroaggressività?
Quando si piomba nella disperazione conta senza dubbio il patrimonio cognitivo ed emotivo individuale e le sue risorse soggettive, ma conta anche la risposta di aiuto che è capace di dare la famiglia di origine, rete primaria di welfare. Conta poi la comunità nel quale la persona vive ed è inserito e  le relative risorse relazionali di cui quel determinato ambiente dispone. Contano pertanto anche le politiche pubbliche che le istituzioni di prossimità sono in grado di implementare costruendo un feedback con i cittadini attivi e il volontariato.
Numerose ricerche psico-sociologiche, che hanno analizzato le cause degli episodi depressivi, fonte di autolesionismo e aggressività, hanno rivelato che l'insorgenza della maggior parte di questi episodi origina da alcuni eventi specifici o dalle difficoltà esistenziali di un individuo. In genere entro 6 mesi da un evento grave, come può essere un qualche tipo di "perdita", un lutto, una separazione, un forte stress in ambiente lavorativo o la perdita del lavoro e del reddito minimo di sopravvivenza si può manifestare un  vero e proprio "corto circuito" nel contatto con la realtà.
Nel triplice suicidio di Macerata sembrerebbe chiaro quanto abbia pesato il senso di autoisolamento delle vittime. Il grave disagio economico rapportato all'ambiente avrebbe creato una forte resistenza a chiedere aiuto lasciando spazio ad una sorta di "vergogna" per la propria povertà rispetto al contesto sociale.
Quando in una situazione generale di crisi economica crescente e di malgoverno si concentrano insieme i seguenti fattori: una rete familiare di origine inesistente o sgretolata, un contesto sociale privo di qualsiasi senso di solidarietà comunitaria, come accade in alcuni quartieri dormitorio urbani,  la mancanza di capacità e volontà politiche degli enti istituzionali di prossimità come Comuni, Municipi, distretti sanitari, allora questo mix di fattori può rappresentare la miccia di una polveriera sociale pericolosa.
Per questi motivi serve un cambiamento di rotta su tutti i fronti, sia a livello centrale che a livello periferico.
Non basterà mettere mano al problema occupazionale e alla stabilizzazione del precariato nella scuola e negli altri settori con leggi urgenti, servono anche provvedimenti urgenti per far funzionare gli enti locali, la cultura, i servizi sociali, la burocrazia.  Fino a quando le politiche per i cittadini e per il bene comune saranno schiacciate da carrozzoni clientelari, da voti di scambio e assunzioni guidate dai partiti, rimane probabile che rabbia e indignazione, mista a sofferenze individuali, si possano annidare sempre più nel tessuto sociale, generando tragedie non prevedibili come quella di oggi.

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