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sabato 24 maggio 2014

Mamma Mia, che si fa per la scuola!

Le casse sono vuote. E così 15 maestre dell’elementare Pisacane di Milano hanno deciso di andare in scena con l’omonimo musical per raccogliere i soldi dei laboratori artistici dei bambini

di Alessandra Dal Monte

http://www.corriere.it/scuola/primaria/14_maggio_19/elementare-pisacano-milano-maestre-musical-mamma-mia-6de9b622-df60-11e3-b0f4-619ff8c67c6b.shtml

L’hanno deciso durante una ricreazione, qualche mese fa. Autoprodurre uno spettacolo teatrale per raccogliere fondi da destinare alla scuola. L’idea è di 15 maestre della primaria Pisacane di Milano, un istituto comprensivo frequentato da quasi 800 bambini. «Un giorno stavamo discutendo dei problemi della scuola, in primis il rischio di dover tagliare tutti i laboratori perché il contributo volontario delle famiglie quest’anno è servito per il cablaggio dell’istituto – spiega una delle insegnanti, Susan Gatti –. Ci siamo chieste che cosa potessimo fare, e abbiamo pensato di organizzare un musical per raccogliere fondi». Detto, fatto.


«Maestre maldestre»

In pochi mesi le 15 maestre - che per l’occasione si sono anche date un nome da compagnia teatrale, «Maestre Maldestre» - hanno imbastito uno spettacolo vero e proprio, una riproduzione del musical «Mamma Mia» con costumi cuciti a mano, canzoni, parti recitate, coreografie di gruppo. Prove ogni martedì sera, per tutto l’inverno. Il debutto è previsto giovedì 5 giugno alle 20.30 al Teatro Redi di Milano.

«I 200 biglietti sono già stati venduti, molto probabilmente faremo una replica – spiega Gatti - L’obiettivo è raccogliere almeno mille euro per procurarci tutti i materiali che servono ai laboratori artistici». Matite, pennarelli, tempere, grembiuli, cartelloni. Niente di straordinario, ma dallo Stato non arriva più alcun contributo. «Basti pensare che la carta igienica e il sapone per i bagni li comprano i genitori», racconta l’insegnante. Non tutte le scuole possono contare su maestre così attive. «In effetti noi siamo fortunate, siamo un bel gruppo affiatato: oltre ad avere voglia di spenderci andiamo anche molto d’accordo - ammette Gatti - Per questo spettacolo ognuna ha messo in campo le proprie abilità: chi aveva un minimo di intonazione ha accettato di cantare dal vivo come protagonista, chi sapeva usare la macchina da cucire ha realizzato i costumi, poi tutte insieme abbiamo lavorato ai testi e alle coreografie. Anche i soldi per la produzione dello spettacolo sono nostri». Assenti, invece, i colleghi maschi. «Sono pochi nella nostra scuola, e comunque quei pochi non hanno voluto partecipare. Quindi le tre parti maschili del musical verranno interpretate da tre sagome». La preside, invece, ha dato la sua benedizione. Ora famiglie e bambini sono in attesa della prima.

domenica 18 maggio 2014

La Scuola non basta, dateci il doposcuola...

Una dei numerosi scritti di Mastrocola
Paola Mastrocola, scrittrice, classe 1956, ha scritto questo bell'articolo sul mondo della Scuola.
Argomenta su un possibile antidoto alla solitudine e all'iperconnessione che aspettano i ragazzi dopo le lezioni. (Fonte : Corriere della Sera inserto "la Lettura")

"La lettura ci sta a cuore. A noi scrittori più che mai, ha ragione Paolo Giordano: se la gente smette di leggere, noi smettiamo di esistere. Ma ci sta a cuore anche come insegnanti, e prima di tutto come semplici esseri umani: ci disturba parecchio il pensiero che dopo millenni l’universo di parole contenuto nei libri possa svanire nel nulla, non ci vogliamo neanche pensare.
La mia generazione poi, in particolare, tiene alla lettura. Noi nati negli anni Cinquanta avevamo solo i libri, erano la nostra compagnia, il nostro spasso, e anche il nostro unico strumento di elevazione, culturale e sociale. Per questo chi ha la mia età ci mette sempre un di più, a difendere i libri: perché li abbiamo amati troppo.
Ma non stiamo riuscendo a trasmettere questa nostra passione, diciamoci la verità. D’accordo, il mondo intorno rema contro: internet, i media, i nativi digitali… Sarà. Ma stiamo veramente facendo tutto il possibile, e nel modo giusto? Non so. Apparentemente non facciamo altro che promuovere la lettura: quanti dibattiti, concorsi, conferenze, manifesti, documenti, libri! Parole. Ovvie, astratte e politicamente corrette parole. Ma anche un po’ ipocrite: se volessimo veramente che i giovani leggessero, faremmo un’altra scuola, non questa, che li fa tranquillamente uscire a 15 anni incapaci di parlare, scrivere, leggere ad alta voce e capire il senso. Faremmo una scuola che fin dalle elementari li allena alla difficoltà e li dota di strumenti affinatissimi per entrare veramente nelle parole di un libro, capirle nel profondo e farle proprie. Invece facciamo una scuola assistenziale. Abbiamo altre priorità: gli stranieri immigrati, la dispersione scolastica, l’handicap, i problemi di apprendimento e i bisogni educativi speciali (non a caso di questo hanno parlato i colleghi scrittori che mi hanno preceduta…).
E allora?
E allora ci proviamo lo stesso, ma è più difficile. Io insegno al biennio di un liceo scientifico. Facciamo analisi logica, parafrasi, analisi del testo. Facciamo lezione di epica antica, narrativa europea, teatro. Diamo libri da leggere a casa, alterniamo i classici ai romanzi più recenti. Ma non basta, molti fanno finta di leggere e scaricano il riassunto da Wikipedia, o leggono per forza senza leggere per davvero. Lo sappiamo. Il piacere della lettura non si insegna, non si impone.*
E allora?
Io un’idea ce l’avrei: dateci più tempo. Fateci vivere a scuola con i ragazzi anche al pomeriggio.
Il pomeriggio è il buco nero che li ingoia. Tornano da scuola in case vuote e si buttano a chattare, navigare. Messaggiano, bloggano, postano, twittano, si disperdono in vario modo nell’etere. O fanno i compiti senza voglia con la mamma addosso, o vengono mandati a ripetizione selvaggia. Date a noi il pomeriggio dei nostri allievi. Che la scuola diventi una specie di campus, otto ore al giorno dalle nove alle cinque, poi tutti a casa. Solo tre ore di lezione teorica secca, dura, difficile, alta. E il resto esercitazioni, laboratori, sport, passeggiate, musica… e lettura. Ma lettura insieme. È incredibile come cambia: basta arrivare in classe con un libro, fare buio, silenzio e mettersi lì a leggerlo ad alta voce, con calma, senza chiedere niente in cambio, senza voto, interrogazioni, schede. Solo il loro ascolto. Leggiamo un libro in classe, noi insegnanti, e restano tutti appesi, conquistati, e quando proviamo a dire: be’ adesso è tardi, smettiamo, ci implorano di no. Anche grandi libri, non crediate. La difficoltà si dilegua. Basta non lasciarli soli. Da soli non ce la fanno. Hanno un mondo intorno che li devia, li porta via. Devono rispondere a troppi stimoli, troppe chiamate, troppi bip. 
Se invece restiamo a scuola e leggiamo insieme, ricostituiamo l’attenzione, recuperiamo la concentrazione perduta. Facciamo vedere come si legge, e dove si arriva leggendo. Ma ci vuole tempo. E dobbiamo imparare a leggere bene, noi insegnanti, e dobbiamo insegnarlo, questo: che la lettura è anche questione di voce, intonazione, pause. È la voce il primo senso che diamo a un libro, è con il corpo che leggiamo per prima cosa. Facciamo che i nostri ragazzi ci vedano leggere. Facciamo teatro, recitazione, arte oratoria.
Ma ci vuole tempo, perché dobbiamo anche far lezione. Le lezioni canoniche, più che mai: sono il centro stesso del nostro lavoro! Grammatica, sintassi, verbi, apostrofi. Riassunti, parafrasi, esercizi. Le figure retoriche, la metrica. Son cose tecniche, sì, ma necessarie. Imprescindibili. Per saper leggere bisogna sapere, non solo provare emozioni…! Conoscere le regole, cogliere le sfumature della forma per raggiungere tutti i livelli del senso. Soprattutto per leggere i grandi autori del passato: Dante, Shakespeare, Manzoni. Bisogna stare sulle loro parole, a lungo, con attenzione. Non possiamo certo fermarci a leggere solo i romanzi appena usciti, quale infinita profondità (la profondità del tempo) ci perderemmo! Io, fosse per me, tanto per essere più chiari, farei fare latino obbligatorio per tutti. Servirebbe a strutturare la mente. Strutturare… costruire. Darebbe a tutti gli strumenti giusti per capire le parole, le sfumature del senso, il mirabile intreccio delle frasi. Sarebbe la scuola più democratica, quella col latino obbligatorio per tutti, per 5 anni, dalla prima media alla seconda superiore.
Poi liberi tutti: chi vuole studia Filosofia e chi vuole studia Falegnameria. Ma tutti escono di lì ugualmente capaci di capire un testo, di godere della bellezza di un libro, di una poesia.
Non sarebbe bello? Vorrei farla, questa proposta del latino, ma non so se siamo pronti. Verrei presa come al solito per passatista reazionaria. Mi sono un po’ stufata, vi dirò. E invece sarebbe la proposta più innovativa, più rivoluzionaria. Pensiamoci… Ma per il momento dateci il pomeriggio dei ragazzi, non lasciatelo alle loro rumorose e iperconnesse solitudini. Per il momento ci potremmo accontentare di questo.
Magari eliminiamo i voti, le bocciature, i debiti e i recuperi. Ognuno arrivi dove può e noi certifichiamo il livello a cui è arrivato. Nessuno è fuori, nessuno ripete inutilmente l’anno. Lo so che anche questa sarebbe una gran rivoluzione. Ma bisognerà pure incominciare prima o poi! Inventiamoci una scuola dove si viva insieme. Tutto il giorno. Ognuno lavora alle sue cose, gli studenti insieme agli insegnanti, e chi ha bisogno chiede all'altro perché se lo trova lì, vicino.
Prendiamo i temi, per esempio. Adesso è così: tema in classe tre ore, noi li correggiamo a casa e li distribuiamo corretti in classe, trascriviamo il voto sul registro, mezzoretta e finisce lì. Ma come? Un tema bisogna correggerlo insieme a tu per tu, parola per parola. Bisogna far vedere cosa non funziona e perché, e come va rifatto. Bisogna riscriverlo insieme un tema, è l’unico modo di insegnare a scrivere. Ma ci vuole almeno un’ora per correggere un tema con l’allievo. Un’ora per ogni tema, un’ora da soli con ogni allievo. Ci manca il tempo. Ci manca questo rapporto personale, privato. Dateci il pomeriggio dei nostri ragazzi, ci compete. Ma cambiateci le scuole, per favore! Abbattete questi orrendi edifici e ricostruiteli. Fate spazi, piantate alberi, mettete prati, viali, piscine, laghetti con anatre. Stanzette accoglienti, isolate, insonorizzate. Scrivanie, librerie. Computer. Microfoni, schermi giganti. Biblioteche, videoteche… Cambiamo le scuole, per cambiare scuola. Per ritrovare il tempo.

*l'uso del neretto nel testo è idea del blogger